|
Stai sfogliando il n.94 Maggio / Giugno 2019
Dopo il voto europeo avviare il cambiamento |
Data di pubblicazione: Martedì, 28 Maggio 2019
|
|
|
Politica e società
|
La crescita della partecipazione al voto degli elettori europei, dopo decenni di calo, costituisce già un primo segnale della necessità di cambiamento delle istituzioni europee, nel senso della richiesta di un maggior ruolo della rappresentanza parlamentare per ridimensionare un eccesso di burocrazia, di regolamentazione, di parametri inadatti ad affrontare le crisi. I popoli europei hanno indicato un’Europa che si costruisca dal basso, non imposta dall’alto con “intese” spesso incomprensibili, ma attraverso un più ampio potere di iniziativa legislativa del Parlamento. Questo, più che le altre istituzioni europee, è chiamato a restituire forza a un’Europa oggi, purtroppo, meno autorevole e attrattiva. Interesse primario di tutte le forze politiche italiane sarebbe quello di confermare la presidenza parlamentare al nostro Paese. Dopo il voto il passaggio successivo sarà l’avvio delle trattative per la nomina del Presidente della Commissione. Al fine di agevolare la scelta, sottraendola a negoziati lunghi e complessi nell’ambito dei Capi di governo coordinati all’interno del Consiglio europeo e per assecondare l’espressione degli elettori, si è convenuto e sperimentato, già nel 2014, di indicare un capolista per ogni maggiore partito che si presentava per le elezioni, concordando anticipatamente che lo spitzenkandidat più votato sarebbe stato scelto come l’unico candidato alla Presidenza. Poiché il Ppe ha confermato, pur con una minore rappresentanza, il suo primato, Manfred Weber dovrebbe andare a ricoprire questo ruolo, attraverso un passaggio parlamentare nel quale comporre la maggioranza che dovrà governare l’Europa nei cinque anni. Tuttavia la crisi dell’alleanza e la ridotta rappresentanza dei popolari e dei socialisti, intorno ai quali, in passato, si erano costruite le maggioranze, questa volta non la rende riproducibile in quanto tale. Il quadro appare scomposto anche per il rafforzamento dei partiti sovranisti, contrari a forme di integrazione e di sostegno per un maggior profilo politico dell’Europa. Questa fase difficile e complessa nascerebbe sotto i peggiori auspici se dovesse mettere in discussione la nomina di Weber, con un atto di ostilità verso la forza politica più votata che, storicamente, ha maggiormente contribuito alla nascita dell’Europa e che è chiamata a dare il più importante apporto alla sua necessaria riformulazione. Una logica di dinieghi e di spartizioni respingerebbe il ruolo decisivo del voto espresso con la forte partecipazione elettorale. E’ auspicabile, poi, che le forze politiche europee prendano piena consapevolezza del senso del voto, anche in riferimento alle preoccupazioni di vasti strati di elettori che hanno espresso il loro disagio con una indicazione “sovranista”, impegnandosi a comprenderne le esigenze basate su reali inadeguatezze, ma riconducendole ad una logica europea, al rispetto dei valori solidali, personalisti e democratici, sui quali si è costruita l’Unione Europea e che non possono essere, per nessun motivo, abbandonati. Sul Partito Popolare Europeo si concentrano le speranze di un cammino diverso per riuscire nell’intento di ridare forza politica all’Europa. La costruzione di nuove competenze parlamentari deve realizzarsi attraverso una forte iniziativa politica che continui a suscitare la giusta attenzione rispetto ai temi discussi nella campagna elettorale. Il Ppe deve riproporre i suoi contenuti programmatici ai quali ha dato l’apporto di idee e di consensi il MCL con la mobilitazione sul manifesto “Si all’Europa per farla”. Su politiche e interventi solidali alle nazioni in difficoltà non legati ai ritorni bancari, ma in funzione di un interesse comune; sulla questione dell’immigrazione; per l’avvio di strumenti finanziari solidali; con più forza nelle politiche sociali attuando un pilastro sociale apportatore di sostegni giusti ed efficaci oggi necessari a fronte delle nuove povertà; con il ripristino del peso dell’economia reale e del lavoro sostenendo le realtà produttive che creano valore rispetto ad una finanza che, a volte, sottrae valore, producendo diseguaglianza e impoverendo ceti medi e popolari; con più vasti investimenti nelle connessioni strutturali e informatiche determinanti per lo sviluppo, fuori dal rapporto defici/pil; con più sicurezza unificando i sistemi di difesa e di intelligence; con più presenza sulla scena internazionale attraverso una politica estera comune che eviti le spericolate iniziative nazionali, ancora neocoloniali nelle intenzioni, o con l’ambizione di rapporti bilaterali con l’impero cinese. La legislatura che si è aperta dopo il 26 maggio dovrà essere segnata dal cambiamento dell’Europa. Questa è la vera ragione politica che sosterrà l’azione del Partito Popolare Europeo.
Pietro Giubilo Vice Presidente della Fondazione Italiana Europa Popolare
|
| |
|
|
|
|
|