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Stai sfogliando il n.85 Settembre / Ottobre
Rivista in pdf non allegata
Il viaggio in Tanzania di sette giovani dirigenti del MCL |
Data di pubblicazione: Venerdì, 6 Ottobre 2017
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Guardare l’Africa attraverso le sue storie
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Il grande Ryszard Kapus´cinski, presentando Ebano, precisava che “Questo è un libro che allora non parla dell’Africa, ma di alcune persone che in Africa abitano e ho incontrato”. Ridimensionando intanto dal Continente intero alla sola Tanzania, cronista ben meno autorevole, chi cerca di tratteggiare in questa pagina il senso della missione là di sette giovani dirigenti del MCL, dal 17 al 26 settembre scorsi, espone la stessa avvertenza: qui si racconta l’incontro con persone e la loro storia, non si svolgono ragionamenti (che, poi, ad essere sinceri, sono sempre solo conferme di pregiudizi). Un’avvertenza necessaria, a chi scrive ancor prima che a chi legge: prodursi in deduzioni ideologiche affievolisce la concretezza dell’esperienza e finisce per far parlare di sé non di quanto (meglio, chi) si è incontrato. Qualcosa che avrebbe, nel caso, anche un vago sapore coloniale. La Tanzania scoperta attraverso un viaggio che ha avuto come tappe i luoghi dove Cefa (l’Ong del Movimento) ha sviluppato opere e progetti, allora, è fatta di volti e di sguardi, di storie e di dialoghi. Dar Es Salaam, la capitale economica della Repubblica Unita di Tanzania e tipica metropoli africana con il suo bel carico di contraddizioni, partenza e arrivo del viaggio, è quindi la scuola domestica in cui ragazze e ragazzi disabili ricevono formazione a lavori piccoli ma veri: giardinaggio, cura della casa e cucina, trucco. è, anche, l’entusiasmo di chi, segnato dall’handicap, in questo o altri progetti ha un ruolo di responsabilità e ne parla con un trasporto che commuove. O, ancora, l’energia creativa e creatrice di un gruppo di giovani che hanno reso, con il sostegno dei cooperanti, un vero centro d’aggregazione quello che a uno sguardo superficiale potrebbe apparire solo una instabile tettoia di lamiere. Sotto la cifra dell’espressione artistica: canto, danze e un intenso utilizzo della tecnica del teatro dell’oppresso. Iringa, una città 1.500 metri sul livello del mare, meno caotica della capitale ma sempre brulicante di vita ordinariamente disordinata, è soprattutto i produttori agricoli del suo mercato, molti supportati proprio dal Cefa ad uscire dalla mera coltivazione per la sopravvivenza. Njombe, un paese a un centinaio di chilometri più a Sud, certo, è l’orgoglio di chi ci mostra e dettaglia i procedimenti con cui dalla latteria e caseificio, sorti grazie a un progetto del Cefa e ora realtà autonoma, escono mozzarelle, caciotte e asiago che poi raggiungono Dar e Zanzibar. Ancor più, però, ha il volto del vescovo Alfred Leonhard Maluma e l’esperienza dell’universalità accogliente che è la Chiesa donata agli affaticati (e ritardatari) reduci da un trasferimento più difficoltoso del previsto su strade che passano da asfalto a sterrato continuamente. Nemmeno dando il tempo di scusarsi, con una familiarità che rivela quanto “la casa di Cristo è la casa di tutti”, il presule indica i bagni e invita a servirsi al tavolo della merenda, “poi parliamo”. Un gesto fraterno che è plastica comunicazione del significato più vero della “cattolicità”. Non a caso, poi, arriva la sottolineatura: “ora l’Africa non è più bambina, è cresciuta: non deve solo ricevere ma può anche dare. Forse poco, ma anche il canto del bimbo da più armonia al coro della famiglia”. Matembwe non può che essere l’italiano fluente di John Kamonga, “studente nero” nella Trento degli anni ’80, che vive ogni giorno la memoria dell’incontro con Giovanni Bersani (e della sintesi tra l’ujamaa e il mutualismo cattolico) che sovrintende a processi di cooperazione vera: dall’allevamento dei polli al mangimificio, fino all’elettrificazione. Pomerini, invece, è il computo preside della scuola agraria Dagaba, sorta in un’ex proprietà coloniale e che ha come vicino “non sempre cortese” la fattoria sperimentale voluta dalla Clinton Foundation, che con il suo sguardo dritto all’orizzonte sembra già vederlo il futuro dei suoi studenti. Non può non essere, però, la barba ispida e i piedi scalzi del carismatico francescano italiano Fra Paolo, anima dell’associazione Mawaki, con il suo centro per i bimbi disabili e il vasto ventaglio di attività, che a chi gli evidenzia che “ci vuole tanta fede per stare qui” risponde, con realismo ma senza cinico disincanto, “certo, ci vuole fede... ma anche pazienza”. Kilolo è Sarah, sicuramente, che con la capra donata nell’ambito del sostegno a distanza promosso dal MCL, madre vedova ci mantiene i suoi tre figli, con cui vive in una casa, di argilla e tetto che non supera mai indenne le piogge, che è una stanza appena. Volti, storie, battute appena. Incontri in Tanzania, con la Tanzania attraverso quei volti, quelle storie. “Asante sana”. Grazie mille, nella lingua swahili. Tante volte la delegazione dei sette giovani dirigenti del MCL, inviati in Tanzania in rappresentanza della Presidenza nazionale del Movimento, e i cooperanti di Cefa si sono sentiti ripetere queste parole. A viaggio concluso, però, sono loro, a sentirsi di dover dire “Asante sana”.
Marco Margrita |
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