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Stai sfogliando il n.83 Marzo / Aprile 2017
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Primavera elettorale di partecipazione |
Data di pubblicazione: Giovedì, 9 Marzo 2017
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Politica e società
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Dopo il voto del 4 dicembre che ha fatto emergere sia la voglia di partecipazione popolare, sia il rifiuto di una verticalizzazione del sistema politico, l’Italia ha un nuovo importante appuntamento, quello delle elezioni amministrative di primavera. Con il successo del No si è affermata una capacità di intervento nelle vicende politiche al di fuori dagli schieramenti e dalle scelte partitiche, che ha rifiutato ciò che era stato deciso nelle aule parlamentari sulla base di vincoli di maggioranza, con qualche forzatura trasformista. Non si è trattato, tuttavia, di una variante della dilagante protesta, né di un’ennesima espressione di antipolitica, bensì di una forma di riappropriazione della rappresentanza. Scegliendo di bocciare la riforma di Renzi, la maggioranza degli italiani ha scelto di mantenere più vicine le istituzioni, cioè più prossime alle proprie attese. A sei mesi dal voto referendario, il passaggio elettorale di primavera è chiamato a confermare questa via di difesa e di ricostruzione della rappresentanza, poiché esso avviene nello spazio proprio di quella democrazia intermedia che costituisce l’anello di congiunzione delle istituzioni con la società civile. Se il 4 dicembre ha fermato la spinta verso la verticalizzazione, il voto di giugno deve poter riempire il vuoto di sussidiarietà a cui hanno contribuito la crisi dei partiti, governi autoreferenziali, una democrazia rappresentativa ridotta a opinione sotto l’influenza di poteri forti. Aldo Bonomi, studioso delle dinamiche territoriali e noto per aver pubblicato nel 2014 con De Rita un “Dialogo sull’Italia”, ove descrivono l’eclissi della società di mezzo, aveva individuato con esattezza, dopo le elezioni regionali del 2015, la direzione operativa del governo affermando: “il Presidente del Consiglio non ha una visione della società di mezzo. La sua parola d’ordine è una sola: rottamare e modernizzare dall’alto. Ma si deve porre il problema della ricostruzione altrimenti rischia di restar sotto le macerie. Questo avviene quando le elezioni riguardano la dimensione intermedia”. Veniva colto già allora quell’essenziale luogo di ripartenza della rappresentanza e dello sviluppo che il MCL ha da sempre indicato e confermato con la Conferenza nazionale degli enti locali del marzo dello scorso anno. Il confronto politico ed elettorale sul territorio e l’amministrazione locale devono essere considerati, come afferma lo stesso Bonomi “il campo in cui si gioca una partita tra chi sostiene che la salvezza sia data dalla drastica riduzione della dimensione intermedia dei poteri e chi sostiene il territorio come spazio di un nuovo patto tra società civile e Stato”. Con la crescente consapevolezza dei veri termini del confronto che si andrà a svolgere e nella spinta che il risultato referendario comunque ha offerto, c’è da auspicare una forte affermazione di quel civismo che il MCL ha sempre suggerito come una via nuova ed importante per il futuro politico dell’Italia. Lo svolgimento di competizioni elettorali amministrative in molti comuni di media dimensione offre spazio alla possibilità di presentazione di liste civiche che chiamino la società civile a partecipare. E’ importante che si costruisca la strada con la quale portare a compimento la consapevolezza dimostrata il 4 dicembre e non disperdere il suo slancio partecipativo. Le forze politiche che si mostrassero lungimiranti e decidessero di favorire questa essenziale nuova dimensione civica e territoriale avrebbero la possibilità di acquisire i maggiori benefici di quella voglia di partecipazione e di salvaguardia dei corpi intermedi che si è dimostrata forte e capace di sopravvivere alle spinte contrarie. Le elezioni locali, tra l’altro, sono da sempre lo spazio privilegiato per il rinnovamento delle classi dirigenti e per l’apertura della politica alle nuove generazioni. Oltre alla formulazione di programmi attenti alle tematiche territoriali è ancora più essenziale interpretare gli orientamenti di fondo, ma soprattutto non fermarsi al solo messaggio comunicativo, ma aprirsi e integrarsi con la società che ruota intorno alle istituzioni comunali. E’ un riscatto della politica di cui si ha più bisogno, ma di una politica, come scriveva De Rita nel 2013 (“Ripartiamo dalle piccole cose”), orgogliosa delle radici culturali, che abbia voglia di intervenire nella società civile senza ricercare garanzie preliminari, di classi dirigenti che si affermino dal basso alla ricerca del blocco sociale di riferimento, senza fermarsi alla sola condivisione dell’opinione. Liste civiche che si affermino come un dato nuovo e decisivo e che obblighino tutti ad una riflessione seri0a, oltre i residui schemi ideologici e/o leaderisti o fare da megafono alle insoddisfazioni. Se le elezioni amministrative di giugno si caratterizzeranno in questa direzione, potrà davvero essere una primavera di partecipazione democratica.
Pietro Giubilo
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