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  La riabilitazione della politica passa dal popolarismo

Data di pubblicazione: Sabato, 4 Febbraio 2017

Don Luigi Sturzo e Alcide De Gasperi i padri...

Don Luigi Sturzo e Alcide De Gasperi i padri del popolarismo.

TRAGUARDI SOCIALI / n.82 Gennaio / Febbraio 2017 :: La riabilitazione della politica passa dal popolarismo

Politica e società

Intervenendo su Avvenire nell’ambito del dibattito scaturito dall’articolo del sociologo Luca Diotallevi sulla (ir)rilevanza dei cattolici in politica (“Governo e valori. Cattolici rilevanti in politica con Sturzo e De Gasperi”, 6 gennaio 2017), Carlo Costalli ha ben delineato le questioni con cui l’impegno politico dei cattolici deve misurarsi. Il presidente del MCL, che mai ha smesso di interrogarsi e agire sulla necessità da parte dei cattolici di “rimettersi in gioco in modo pienamente politico”, nel suo editoriale che è un utile esercizio di parresia, rileva come sia “essenziale mettere a fuoco ciò che oggi rende, più che mai, strategico l’apporto dei cattolici: la questione identitaria”. Richiama, nell’indicare questo focus, il giusto giudizio storico di Diotallevi: “in Italia e in Europa solo con il contributo dei cattolici ci si è ripresi dalle tragedie e dai fallimenti politici del Novecento”. Un giudizio nel quale riecheggia quel “l’Italia ha bisogno dei cattolici, i cattolici hanno bisogno dell’Italia” che stava al centro dell’Appello politico agli Italiani promosso dall’Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuân (2014), su cui il Movimento Cristiano Lavoratori (insieme alla Fondazione Italiana Europa Popolare) è stato uno dei pochi soggetti organizzati a lavorare con serietà e intensità.
La “questione identitaria”, in un mondo avvelenato dal relativismo totalitario e da una liquidità annichilente, è davvero decisiva. Va ben letta e interpretata, però. Giustamente, quindi, Costalli specifica che essa è “strettamente intrecciata allo sconvolgimento economico e all’impoverimento di massa determinati da una globalizzazione selvaggia, che è il principale cavallo di battaglia di tutti gli estremismi che, su questa situazione di disperazione, lucrano consensi”.
Una situazione in cui i cattolici, purtroppo silenti perché confusi, avrebbero molto da dire, poiché “le radici dell’identità italiana ed europea affondano nei princìpi e nei valori della cristianità”. Proprio per questo, sostiene il presidente del MCL e noi condividiamo, “chi più dei cattolici può essere credibile nell’assumere una linea identitaria forte e determinata, ma equilibrata, solidale e capace di togliere, davvero, acqua al mulino degli estremismi?”.
La sfida è precisamente questa. Per quanto non sia stata colta, in questi anni, da larga parte del ceto politico professionalmente cattolico (cattolico di professione, più che di professione cattolica). Da queste colonne e nell’essere “esperienza di popolo” del Movimento, invece, la centralità della questione è sempre stata tenuta ben presente: si è culturalmente e praticamente lavorato per dare un’adeguata definizione di un europopolarismo adeguato ai tempi che stiamo vivendo. Si è indicata la chiarezza di rifuggire i due “falsi alleati” che si potrebbe essere tentati di abbracciare: la deriva populista (segnata da un’ideologica reattività) o la riduzione tecnocratica (fondata sulla mitizzazione della responsabilità e sul supino adeguarsi alla necessità della “Grande Coalizione”). Entrambe queste posizioni, in modo speculare, sottraggono originalità e organicità all’approccio popolare che è davvero indispensabile contributo al “bene comune”.
Senza un popolarismo che si mette in gioco fino in fondo e con tutta la sua autenticità non può esserci la necessaria “riabilitazione della politica” e una “piena e reale democrazia”.
Da cattolici che agiscono con “sana laicità” nello scenario politico va vinta anche la tentazione di pensare che si possa esserci con un “di più di identità” inseguendo un progetto fondamentalista che si contrapponga al Magistero dell’attuale Pontefice. Un Magistero, invece, determinante per “immischiarsi” adeguatamente in politica, sapendo animare “movimenti popolari” che si pongano a difesa dell’umano combattendo tanto le “colonizzazioni culturali” quanto “l’economia che uccide”.
Il nuovo europopolarismo ha una riserva di idee e di potenziali protagonisti nel diffuso civismo (in altre occasioni il presidente Costalli ha opportunamente usato la categoria “civismo nazionale”) e nelle esperienze di resistenza umana all’omologazione al post-umano (per fare giusto due esempi: le Sentinelle in piedi o il Comitato Difendiamo i nostri Figli). Da non dimenticare, poi, quel patrimonio di “riformismo di base” rappresentato dalle tante opere costruite in forza della sussidiarietà creativamente applicata che rimangono un unicum del nostro Paese.
Non possono essere, infatti, i soliti volti di questo ventennio a farsi interpreti di questa “nuova fase”, per quanto la loro competenza non vada stoltamente “rottamata”. Il nuovo popolarismo esiste già nelle comunità e nelle “piccole patrie”, la questione è quella di riuscire a federarle per, tornando alle parole di Costalli, “esprimere una proposta politicamente rilevante, forte, capace di tornare a connettere interessi e valori e di riportare in politica una parola di verità; anche con il coraggio di una profonda autocritica”.
Oltre i meschini interessi della conservazione di quote di potere, il compito che chi sa che “la prima politica è vivere” non può che assumere è “ricreare il rapporto vitale tra politica, istituzioni, territorio e popolo”.

Marco Margrita
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