NOME UTENTE        PASSWORD  

Hai dimenticato la tua password?

Nell'ultimo numero di Traguardi Sociali:
Traguardi Sociali

Stai sfogliando il n.82 Gennaio / Febbraio 2017

Rivista in pdf non allegata

  Cattolici: le sfide per uscire dall’irrilevanza

Data di pubblicazione: Martedì, 7 Febbraio 2017

TRAGUARDI SOCIALI / n.82 Gennaio / Febbraio 2017 :: Cattolici: le sfide per uscire dall’irrilevanza

Intervista a Mimmo Delle Foglie

è un grande esperto di informazione e di stampa cattolica, Mimmo Delle Foglie, oltre che un grande amico del MCL. Fino a poco tempo fa Direttore di Agensir (l’agenzia stampa della Cei), oggi si occupa a tempo pieno di comunicazione sociale, nel suo ruolo di Presidente del Copercom, il Coordinamento delle Associazioni per la comunicazione, che si occupa di studiare forme di comunicazione basate sulla comune ispirazione cristiana e ancorate ai principi fondamentali della Costituzione. A lui abbiamo rivolto alcune domande per i lettori di Traguardi Sociali.

Viviamo in un’epoca tristemente condizionata da un forte relativismo etico che ha determinato, a nostro avviso, una pericolosa deriva sul piano dei valori. Con conseguenze nefaste su molti aspetti del vivere civile e dell’organizzazione sociale. Cosa possiamo fare concretamente, come cattolici, per indirizzare positivamente la società?
Innanzitutto dovremmo respingere il bipolarismo etico, spesso utilizzato come arma impropria nel conflitto politico, e rivendicare quella unità dei valori che può essere salvaguardia per tutti. Noi cattolici dovremmo affermare, non solo a parole, che a noi stanno a cuore tutti i valori: dalla famiglia naturale alla giustizia sociale, dalla vita in ogni suo momento alla difesa della pace, dalla solidarietà verso gli ultimi alla tutela dell’ambiente, dalla dignità del lavoro alla costruzione del bene comune. Se solo riuscissimo a testimoniare questa unità, sottraendoci alla selezione dei valori che ci fa tutti più poveri, causando inutili e controproducenti divisioni, avremmo fatto anche un buon servizio al Paese. Proprio perché a noi stanno a cuore tutti i valori, il nostro sguardo sulla società italiana non può che essere positivo. Il che non vuol dire privo di discernimento, ma assolutamente caritatevole. Perché un Paese e un popolo in sofferenza meritano iniezioni di fiducia da quanti, come i cattolici, hanno il dovere di sperare per tutti.

Cosa significa oggi essere un cattolico impegnato in politica? Come si può tradurre, concretamente, questo impegno nella ‘cosa pubblica’?
Credo che oggi si pongano per i cattolici due sfide ineludibili. La prima è quella del discernimento politico, meglio se comunitario, nelle diverse forme che il mondo cattolico può alimentare.
Basti pensare che i cattolici italiani oggi non dispongono di un luogo di confronto o di una stanza interecclesiale, nei quali operare il discernimento politico e promuovere una forma di democrazia deliberativa che possa concorrere alla costruzione politico-istituzionale in un frangente in cui la democrazia rappresentativa è oggettivamente in affanno. Per non parlare della chimera della democrazia digitale. La seconda sfida è quella educativa, tanto più urgente perché propedeutica all’impegno politico e al servizio della “cosa pubblica”. Se i cattolici italiani non vogliono autocondannarsi definitivamente all’irrilevanza, le due sfide vanno affrontate senza indugio. Nella consapevolezza che si può anche scegliere di restare nell’ambito pre-politico e provare a indirizzare il dibattito pubblico. Ma forse occorre rileggere attentamente la “lezione” di Papa Francesco ai Movimenti latino americani per fare nostra la sua sfida a ripartire dal basso. Dai gruppi e dai movimenti, dai quartieri e dalle città, dai territori… Con il popolo e con la sua agenda. Anche per frenare le post-verità che alimentano i populismi e le ondate di odio e di intolleranza che solcano indisturbate e distruttive la vita della nazione.

Ci stiamo preparando alla prossima Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, che quest’anno (a Cagliari, dal 27 al 29 ottobre) affronterà un tema cruciale e strategico per lo sviluppo del Paese: “Il lavoro che vogliamo. Libero, creativo, partecipativo, solidale”. Tema che fra l’altro sarà al centro del consueto seminario annuale del MCL a Senigallia. Cosa si aspetta da questo percorso?
Mi aspetto un confronto più libero, creativo, partecipativo e solidale. Il mio non è un gioco di parole. Come possiamo immaginare di dare un contributo alla rivoluzione del lavoro quale viene prospettata dalla Settimana Sociale, se non ci liberiamo da tutti i pregiudizi? L’Italia è un Paese ingessato, innamorato dei diritti vecchi e nuovi e poco propenso a mettersi in gioco sul piano dei doveri. L’Italia ha bisogno di dosi massicce di riformismo che ora, accantonata la partita referendaria con le sue profonde lacerazioni, si ripropongono in tutta la loro urgenza.
Per i cattolici italiani partecipare alla riforma del lavoro con i propri valori, nel rispetto della persona e del senso di comunità, è un dovere al quale non possono sottrarsi.

Cosa manca, a suo avviso, perché anche in Italia si possa parlare di lavoro “libero, creativo, partecipativo, solidale”?
Manca innanzitutto il lavoro. Il che non è un alibi per non guardare in faccia la realtà, bensì una necessaria consapevolezza. Occorre perciò uno sguardo profetico sul futuro, capace di immaginare il lavoro che verrà, in un mondo in cui la rarefazione del lavoro salariato è già indicato come una condanna senza scampo. Non sono pochi quanti preconizzano un futuro senza lavoro, a causa anche dell’automazione e della robotica.
Rassegnarci a un mondo senza lavoro sarebbe un’abdicazione ai nostri doveri di socialità.

I giovani e il lavoro, la famiglia e i livelli di welfare: sono binomi esplosivi, oggi, nel nostro Paese, che rischiano di inasprire le contrapposizioni innescando lo scontro sociale. Cosa vede all’orizzonte?
Vedo la possibilità che insorgano nuovi e più profondi conflitti difficilmente contenibili, come è accaduto sino ad oggi, attraverso quella stanza di compensazione che è stata la famiglia.
Nel giro di un paio di decenni, con l’attuale trend demografico negativo e con l’ormai generalizzata leggerezza delle unioni, il Paese corre grossi rischi sul piano della tenuta solidale fra generazioni. Immaginare un welfare sempre più individualizzato vuol dire rassegnarsi definitivamente al declino. A noi cattolici tocca almeno avvisare i naviganti. Fermo restando che per distribuire la ricchezza bisogna produrla e che per costruire il profitto è necessario il lavoro. E se il lavoro manca…

Fiammetta Sagliocca
 Torna ad inizio pagina 
Edizioni Traguardi Sociali | Trattamento dati personali