|
Stai sfogliando il n.73 Agosto / Settembre 2015
Rivista in pdf non allegata
Speciale Senigallia |
Data di pubblicazione: Venerdì, 23 Ottobre 2015
|
|
|
Ritorno all’umano: l’impegno dei cattolici
|
Non è facile parlare di “ritorno all’umano” in un’epoca che ci costringe – nostro malgrado – ad assistere al peggio dell’animo umano andare in scena in ogni angolo del mondo. Non è facile parlarne con il lavoro che manca, con lo scontro generazionale in atto, con la povertà che dilaga, con l’Isis alle porte che ci vorrebbe convertiti o sterminati, con milioni di profughi che premono irrefrenabili alle nostre frontiere, mentre un’Europa piccola piccola è tutta intenta ad alzare muri per proteggersi dal “nemico”. Di fronte a tutto ciò i cattolici non devono, non possono e, soprattutto, non vogliono gettare la spugna. Se ne è parlato a Senigallia, nel corso dell’annuale seminario che tradizionalmente segna il ritorno per il MCL alle attività associative dopo la pausa estiva: una tre giorni di dibattito per provare a rimettere il boccino dei valori al centro della partita umana. “Incontro all’umano. Garantire coesione sociale, superare l’iniquità in economia, assicurare un lavoro dignitoso”: questo il tema dell’iniziativa, un titolo pieno di speranze che potrebbe essere benissimo la summa dell’impegno dei cattolici per una società migliore. Una sfida a tutto tondo, che il MCL accoglie e fa sua: “Siamo preoccupati per un Paese sfarinato, con un’economia che non cresce, né crescono le opportunità di lavoro, con una classe dirigente che non ha più né scuola né esempio” ha detto Carlo Costalli, presidente del MCL, alla platea degli oltre 500 dirigenti del Movimento che affollavano il cinema Gabbiano di Senigallia. Un parterre di tutto rispetto, che ha accolto fra gli applausi la notizia che Papa Francesco riceverà in udienza speciale il MCL, il prossimo 16 gennaio: “Un’udienza che è merito del vostro lavoro, del lavoro sul territorio, della vicinanza ai nostri vescovi e ai nostri assistenti”, aveva detto loro Costalli il quale, entrando nel vivo dei lavori, ha poi sottolineato la necessità di richiamare tutti a un rinnovato senso di responsabilità: “In questo vuoto di progetti e di valori a noi interessa garantire prima di tutto la coesione sociale e la partecipazione, mettere al centro il senso della responsabilità e il valore dei corpi intermedi, unici luoghi in un Paese in cui si può fare partecipazione vera ed esercizio di democrazia”. Un Seminario, quello di Senigallia, che quest’anno riveste una valenza tutta particolare, posto che si inserisce nel percorso di preparazione del MCL in vista del Convegno ecclesiale nazionale di Firenze, che si terrà a novembre. E il pensiero e l’insegnamento di Papa Francesco non è certo rimasto fuori dal dibattito: “L’enciclica Laudato sì ci indica le nostre radici come via per il riscatto”, ha affermato Piergiorgio Sciacqua, responsabile del Dipartimento Formazione del MCL. “E sono le nostre radici l’humus per avere una nuova economia, per lottare contro quell’economia che uccide, per cercar nuove forme di democrazia deliberativa, per il bene comune declinato nel suo aspetto più profondo”. Ma il nuovo che vogliamo passa anzitutto attraverso un rinnovato e responsabile impegno dei cattolici nella vita pubblica, si diceva. Un impegno che deve tornare ad essere ben visibile e udibile, sebbene fuori dalle vecchie logiche. “L’individualismo esasperato e i populismi di massa tra i quali oscilla oggi il sentimento popolare non appartengono ai cattolici”: è il grido d’allarme lanciato da Domenico Delle Foglie, Direttore dell’agenzia Sir. Il punto, ha denunciato Delle Foglie, è che “il consenso sociale è stato realizzato principalmente attraverso il conflitto, ai danni della coesione sociale”. Amara la chiosa di Delle Foglie: “garantire la coesione sociale richiede un approccio diverso e durissimo, considerate le macerie sociali e culturali che vengono da un bipolarismo in armi”, e tuttavia il vero problema è che “queste questioni non si risolvono attraverso il meccanismo virtuoso della coesione sociale perché chi governa è vincolato dal consenso elettorale”. Per costruire il mondo che vorremmo lasciare ai nostri giovani, occorre dunque assumere “un impegno prioritario per il lavoro”, guardando in particolare alle fasce più deboli, ai giovani e ai 40-50enni che si trovano fuori dal mercato del lavoro: lo ha ribadito con forza Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative. “La Fornero – ha detto – ha lasciato 7-8 classi anagrafiche senza sbocchi e con troppe rigidità: se non rendiamo possibile queste uscite non permettiamo l’inserimento dei giovani e tagliamo le gambe alla ripresa italiana”. E’ il tema del momento: come far quadrare i conti fra la necessità di rilanciare il sistema economico, e dunque l’occupazione, senza tuttavia lasciare indietro nessuno, e senza tiranneggiare l’uomo privandolo in nome del lavoro della propria dignità e degli spazi di vita. “Il pensiero della Evangelii Gaudium è il pensiero più importante e interessante che sia stato sviluppato nel frangente che stiamo vivendo”, ha ribadito Costalli. “In particolare Papa Francesco in quel testo mette in guardia da una questione che in effetti si sta prospettando come una minaccia: la ripresa cui stiamo assistendo è una ripresa che vale solo per alcuni, non per tutti. C’è chi si tira fuori dalla crisi e si rimette a crescere e chi invece ne è restato in trappola. E’ un’economia diseguale che non possiamo accettare”, ha detto il numero uno del MCL, riprendendo quello che è un leit motiv dell’impegno del Movimento da qualche tempo a questa parte. L’impegno di navigare tra le maglie strette di una “finanza che uccide” il diritto e la dignità di essere persone. Lo ha ribadito anche Andrea Tornielli, vaticanista de La Stampa e autore, insieme a Giacomo Galeazzi, del volume “Papa Francesco. Questa economia uccide”: “Il grande compito del movimento cattolico oggi non è fondare partiti, ma mostrare esperimenti in atto che portino a un’economia diversa”. La strada, ha indicato il giornalista, è “fare rete” partendo dal basso, dal livello locale, senza aspettarsi che i cambiamenti arrivino dall’alto, “da una politica che mai come ora è latitante perché corre dietro al carro dell’economia”. In piena sintonia il prof. Stefano Zamagni, economista e docente all’Università di Bologna: “la creazione di valore non postula più necessariamente l’impiego di lavoro – ha denunciato -. Questo è l’effetto più devastante della finanziarizzazione dell’economia”. L’economista ha quindi invitato a “battersi per un welfare generativo, che è su base comunitaria e crea coesione sociale” al posto dell’attuale “welfare redistributivo”. E, ha aggiunto, sul fronte delle aziende occorre “dare strumenti all’imprenditorialità sociale”. Ai lavori sono intervenuti anche - oltre a Don Ernesto Lettieri, Assistente ecclesiastico nazionale, che ha portato il suo saluto ai presenti -, Gianluigi Petteni, Segretario Confederale Cisl e Emmanuele Massagli, Presidente di Adapt. In definitiva, su tutto un impegno comune: difendere la Chiesa e renderla nuova, al passo con i tempi, e uscire, da cattolici coraggiosi, fuori dalle pastoie degli attaccamenti ai propri piccoli feudi. Lo ha detto a chiare lettere Mons. Fabiano Longoni, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per i problemi sociali ed il lavoro: “E’ vero che molte volte la nostra Chiesa non è stata generativa di nuovi atteggiamenti, ma conservativa di posizioni, arroccata in difesa. Il rischio è lasciarsi svuotare dall’interno come i castelli medievali”. Per uscire da queste strettoie “c’è bisogno di una Chiesa capace d’innovazione e di non essere autoreferenziale” evitando di parlare “un linguaggio da iniziati”, dal momento che “il cristianesimo non è chiusura in qualche conventicola bensì missione”. Insomma, l’appello di Mons. Longoni richiama ancora una volta i cattolici tutti ad essere Chiesa “in uscita”, perché “una Chiesa chiusa in se stessa muore di asfissia”.
Fiammetta Sagliocca
Senigallia 2015. L’approfondimento: il giornalista Marco Margrita commenta l’intervento del direttore del Sir, Domenico Delle Foglie “Bisogna dar battaglia, perché Dio doni vittoria”
Con chiarezza Papa Francesco ci ha detto che “un buon cattolico si immischia in politica“. Non solo può, bensì deve farlo. Allo stesso tempo, con una contraddizione solo apparente, ha definito sbagliata e fuorviante (inappropriata, più puntualmente) l’idea di un “partito cattolico”. Peggio ancora - lo si può comprendere da una lettura di altri suoi interventi - ritiene una “chiesa politica” guidata da “vescovi pilota” . La politica è ambito d’azione laico e “dei laici”. Non è quindi peregrino, come il Movimento Cristiano Lavoratori fa da tempo, riflettere sulle modalità di una presenza incidente dei cattolici sulla scena politica italiana e continentale. Una riflessione non scollegata dall’azione (né politologica né politicista, per chiuderla in uno slogan) in tempi di minoranza. Al recente Seminario di Studi del Mcl a Senigallia (“Incontro all’umano. Garantire coesione sociale, superare l’inequità in economia, assicurare lavoro dignitoso” / 10-12 settembre), proponendo un’intensa riflessione sulla “responsabilità dal basso”, Domenico Delle Foglie ha richiamato i quattro principi indicati da Papa Francesco nel suo incontro con i Movimenti popolari: “l’unità è superiore al conflitto”; “il tutto è superiore alla parte”; “il tempo è superiore allo spazio”; “la realtà è superiore all’idea”. Proprio guardando a questi principi-bussola (giustamente definiti, dal direttore dell’Agenzia Sir: “illuminanti per chi oggi voglia costruire il popolo, stare dentro la storia in perfetta fedeltà con la Dottrina Sociale”) nel contesto di un “pensiero unico” omologante, con troppe tentazioni ireniche e compromissorie nel mondo cattolico, la strada non può essere quella di inseguire tentazioni egemoniche. Piuttosto, lavorando sui processi, va sostanziata una presenza. Una presenza poliedrica e polifonica, agile ma pregnante. Riandare all’essenziale, non come una ritirata remissiva nello spiritualismo e nel soggettivismo, per difendere l’umano dagli “Imperi Sconosciuti” e dalle loro “colonizzazioni culturali” (per usare ancora il linguaggio di Francesco). Per innescare autentici “processi di cambiamento” non si può non partire dall’affermazione di quanto non è negoziabile (perché, se negato o manipolato, compromette la natura stessa dell’uomo, facendone un mezzo o una cosa). Una faccenda - riprendendo un passaggio del discorso del Papa ai Movimenti Popolari in Bolivia - “molto diversa dalla teorizzazione astratta o dall’indignazione elegante”. La modalità di presenza, anche nella politica italiana ed europea, per i cattolici è quella di trovare un’unità inclusiva in un Movimento Popolare che ponga la decisività sociale della difesa dell’umano da tutti i disegni post-umani. Tanto sul fronte del “relativismo totalitario” quanto di “questa economia che uccide”. Un Movimento che non voglia farsi sterilmente partito, ma che scuota, provochi e sia capace, nel caso, di virtuosi entrismi. Qualcosa di più e non di meno. Il Papa nei suoi discorsi sembra dirci, per recuperare una felice espressione di qualche decennio fa, che “la prima politica è vivere”. E come acutamente ammoniva J.H. Newman: “I movimenti vivi non nascono da comitati”. Non è una mossa organizzativa a risolvere la questione, bensì l’incontrarsi di uomini che non vogliono vedersi conculcata o ridotta la libertà. Un incontro che non deve ingessare ma rendere capaci di condividere la strada con tutti quanti vogliono porsi a difesa dell’uomo. Occorre, per ricordare ancora il discorso di Papa Francesco cui si è riferito il direttore Delle Foglie, “esercitare il mandato dell’amore non partendo da idee o concetti, bensì partendo dal genuino incontro tra persone, perché abbiamo bisogno di instaurare questa cultura dell’incontro, perché non si amano né i concetti né le idee, nessuno ama un concetto, un’idea, si amano le persone. Il darsi, l’autentico darsi viene dall’amare uomini e donne, bambini e anziani e le comunità: volti, volti e nomi che riempiono il cuore. Da quei semi di speranza piantati pazientemente nelle periferie dimenticate del pianeta, da quei germogli di tenerezza che lottano per sopravvivere nel buio dell’esclusione, cresceranno alberi grandi, sorgeranno boschi fitti di speranza per ossigenare questo mondo”. Il popolo che si è destato e mobilitato per combattere, a difesa dell’anomalia italiana cui sono tanto ostili le lobbies del “politicamente corretto”, lo snaturamento del matrimonio e l’imposizione dell’ideologia gender è un esempio e una risorsa di energia. Una vera “minoranza creativa” (e si potrebbe far la scoperta, certi sondaggi già lo fanno, avanguardia di una “maggioranza silenziosa”) che fa del buonsenso e della “legge naturale” laiche armi che stanno incidendo nel gioco politico più degli artifici tattici e delle declamazioni retoriche. “Bisogna dar battaglia, perché Dio doni vittoria”. Ma la battaglia giusta. Quella di un Movimento Popolare.
Marco Margrita
|
| |
|
|
|
|
|