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Stai sfogliando il n.66 Maggio / Giugno 2014
È ora di passare dall’unione economica a quella dei diritti |
Data di pubblicazione: Venerdì, 1 Agosto 2014
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Dopo qualche giorno dalle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo, le prime valutazioni positive sono legate al successo del PPE...
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Dopo qualche giorno dalle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo, le prime valutazioni positive sono legate al successo del PPE che è riuscito ad essere ancora il primo partito ed ha respinto gli attacchi dei socialisti e di tutte le forze populiste ed anti europee che volevano concentrare in un’eventuale sconfitta popolare tutte le speranze per dare un’impostazione più ‘consona’ alle aspirazioni di chi chiedeva un’Europa più laica e più lontana dai valori dell’antropologia cristiana. Con questa affermazione la forza della politica torna in primo piano e la ‘legislatura’ che si apre deve essere considerata come ‘costituente’ perché è nei prossimi cinque anni che il processo di integrazione europea deve trovare la sua definitiva attuazione: o si realizza davvero un’Europa più forte, più unita, più coesa - sotto l’aspetto politico, fiscale, militare, sociale - oppure la teoria del “metodo Monnet” sulla “gradualità dell’unificazione” e la “pazienza” potrebbe permettere ai gruppi anti europei e della sinistra radicale di ottenere quel successo ‘sfascia tutto’ che questa volta abbiamo respinto. La grande democrazia europea - per la prima volta si votava anche per indicare il nome del Presidente della prossima Commissione - ha sostenuto la forza del potere legislativo e si può ritenere che sia stata bloccata la tendenza mondiale che vuole vedere, e vede, il potere esecutivo sovrastare le dinamiche parlamentari e rafforzare il deficit democratico. Anche se il voto è stato disprezzato da tanti elettori che hanno rifiutato di partecipare - ma chi non vota ha sempre torto - si registra una vittoria dell’Europa che cresce dal basso e che respinge il tentativo dei tecnocrati di annebbiare tutte le più forti motivazioni ideali. L’imponente tasso di astensione non si può comunque giustificare solo facendolo rientrare nel quadro degli esponenti più radicali ed antieuropei: sarebbe una lettura semplicistica e poco fedele al vero quella che non tenesse conto di una precisa volontà che tali gruppi, se lo avessero voluto, avrebbero espresso nelle urne. Il tedesco Martin Schulz non sarà il commissario dell’UE ed il PPE rappresenterà ancora l’asse centrale delle alleanze che dovranno costituire nuove politiche per la crescita e lo sviluppo. La linea dell’austerità è stata sconfitta ed è oggi necessario passare rapidamente dall’unione economica a quella dei diritti. I cittadini aspettano rapidamente indicazioni importanti. In questo quadro il successo italiano di Renzi rafforza la necessità di un dialogo con l’area socialista moderata basato proprio sulla spinta verso una politica economica che sia purgata dall’ideologia dell’austerità e proiettata verso una più concreta attenzione ai giovani, al lavoro, alla coesione e alla sicurezza sociale. Dobbiamo superare un guado pericoloso: il voto ha respinto coloro che volevano tornare indietro - e sfasciare tutto - ma sull’altra sponda sappiamo che ci attendono sfide importanti, a partire da quella sulla sovranità nazionale. Più Europa unita vuol dire chiudere con l’esperienza degli Stati-Nazione, respingere i particolarismi regionali, e costruire con la nuova cittadinanza europea uno Stato Federale che potrà garantirci ancora pace e prosperità. Renzi deve saper cogliere il senso di questa grande riforma, lavorare per realizzarla e portare la voce autorevole del nostro Paese in un cammino che potrà essere davvero “la nostra speranza” per un domani migliore.
Piergiorgio Sciacqua
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