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Stai sfogliando il n.62 Dicembre 2013
Povertà e finanza globale |
Data di pubblicazione: Lunedì, 25 Novembre 2013
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La piramide dei guadagni: sempre meno i ricchi, ma sempre più ricchi.
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Anche nel “ricco Occidente” si divarica in maniera sempre più preoccupante la forbice tra ricchezza e povertà. E’ un processo fattosi più evidente e palpabile con la crisi finanziaria del 2008 che, partendo dagli USA, ha investito pesantemente l’Europa e innescato l’ancora attuale terribile recessione. Si tratta, tuttavia, di un processo che viene molto più da lontano. Infatti, esaminando preliminarmente le differenze di reddito e di ricchezza osservabili negli Stati Uniti e nell’Unione Europea esse risultano macroscopiche ed in notevole aumento da decenni. Queste diseguaglianze, pur essendo un effetto strutturale di lungo periodo della grande crisi economica e finanziaria, maturato nel corso di decenni, sono giunte, solo negli anni duemila, a determinare comportamenti collettivi poi risultati scatenanti della crisi iniziata nel 2007. Negli Stati Uniti, tra la fine degli anni ‘70 ed i primi anni ’80, il reddito del 10% più benestante della popolazione toccava il 30%, una quota più o meno stabile nei quarant’anni precedenti. Dopo il 1980 tale quota raggiunge il 50%: cioè, un decimo della popolazione percepisce la metà del reddito nazionale. Ma è al vertice della piramide che si manifestano diseguaglianze ancor più significative. L’1% dei contribuenti percepiva, nel 1980, il 9% del Pil, mentre nel 2006 arriva a toccare il 23%. Al fondo della piramide distributiva il 40% della popolazione vede, nello stesso periodo, scendere la propria quota di reddito dal 18% al 14%. Più o meno analoga è la situazione in Europa dove il reddito del 10% delle famiglie più benestanti equivaleva, nel 2008, a 10/11 volte alla quota di reddito percepita dal decimo di famiglie aventi il reddito più basso. L’impoverimento a livello globale marcia di pari passo con la finanziarizzazione dell’economia: secondo uno studio del Crédit Suisse, nel 2012, ciascun componente dello 0,6% della popolazione mondiale al vertice della piramide (29 milioni di persone) possiede una ricchezza pari a 1315 volte quella di ciascuno dei tremiliardi e duecento milioni che formano la base di essa. Soltanto due anni prima, nel 2010, la ricchezza procapite dei componenti del vertice corrispondeva soltanto (si fa per dire) a 1077 volte quella dei più poveri, contro le 1315 del 2012. Ma è nell’ormai lontano 2002 che il processo di finanziarizzazione globale, mostra i suoi primi eclatanti e tragici effetti con il crac dell’Argentina e la sua conseguente devastazione. E’ di fronte a quel disastro che l’allora cardinale Bergoglio intuisce, profeticamente, verso quale tragedia la “finanziarizzazione globale” stesse trascinando tutte le nazioni. In un’intervista rilasciata al mensile “30giorni” affermava: “Il nuovo imperialismo del denaro toglie di mezzo il lavoro, che è il modo in cui si esprime la dignità dell’uomo e la sua creatività, che è l’immagine della creatività di Dio. L’economia speculativa insegue l’idolo del denaro che si produce da se stesso”. Sono parole che troveranno una tragica conferma nei fatti, pochi anni dopo, con la grande recessione. Solo per parlare dell’Italia il numero dei nuovi disoccupati creati dalla crisi supera il milione: sono 1.031.151 le persone che perdono il lavoro fra il 2008 e il primo trimestre 2013. Vanno ad aggiungersi ai due milioni di disoccupati ‘preesistenti’ per un totale di tre milioni. Secondo gli ultimi dati Istat: non c’è settore che si sia salvato, né l’industria manifatturiera, né il commercio, né tantomeno l’edilizia. L’Italia è il Paese più colpito dalla disoccupazione arrivata al 12,8% nella media nazionale: ma che, nella fascia più giovane, cioè dai 18 ai 24 anni, è già al di sopra del 40%, superando, ormai, al Sud il 50%. E’ proprio vero: “Il nuovo imperialismo del denaro toglie di mezzo il lavoro”! E con la perdita del lavoro avanza la povertà. Sempre in Italia: il numero dei poveri ha ormai toccato cifre record: nel 2012 le persone in povertà assoluta erano 4 milioni e 814 mila, l’8 % della popolazione: il valore più alto registrato dal 2005. La povertà assoluta riguarda un milione e 58 mila minori con una crescita allarmante rispetto al 2011 quando i bambini in queste condizioni erano 723 mila. Una situazione desolante e devastante di fronte alla quale non si può disertare e si deve reagire con forza. E Papa Francesco ce lo dice con chiarezza: “E’ uno scandalo che ci sia ancora fame e malnutrizione nel mondo! Fame e denutrizione non possono mai essere considerati un fatto normale al quale abituarsi quasi si trattasse di parte del sistema… Cosa possiamo fare? Abbattere con decisione le barriere dell’individualismo e della schiavitù del profitto a tutti i costi, non solo nelle dinamiche delle relazioni umane ma anche nelle dinamiche economico- finanziarie globali”. E ci indica la strada: “Non c’è né vera promozione del bene comune, né vero sviluppo dell’uomo, quando si ignorano i pilastri fondamentali che reggono una Nazione, i suoi beni immateriali: la vita che è dono di Dio, valore da tutelare e promuovere sempre; la famiglia, fondamento della convivenza e rimedio contro lo sfaldamento sociale; l’educazione integrale,che non si riduce ad una semplice trasmissione d’informazioni con lo scopo di produrre profitto; la salute, che deve cercare il benessere integrale della persona, anche della dimensione spirituale, essenziale per l’equilibrio umano e per una sana convivenza; la sicurezza, nella convinzione che la violenza può essere vinta solo dal cambiamento del cuore umano”. I cattolici sapranno essere all’altezza?
Pier Paolo Saleri Vicepresidente Fondazione Italiana Europa popolare |
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